Il Corpo di Polizia  per la Capitale e i servizi investigativi

 

(Giulio Quintavalli; tratto da: Notiziario Storico dell'Arma dei Carabinieri Anno IV n° 4, 2019, pp. 36-40) 

 

L’attentato al sovrano Umberto I, avvenuto a Roma il 22 aprile 1897, scuoteva le coscienze dell’intera Nazione, specie in coloro che, per il personale ruolo negli organi politici o amministrativi, avvertivano più di altri il peso dell’inadeguatezza dei servizi disposti a protezione della Famiglia Reale.

 

Servizi già duramente in affanno quando a Napoli, il 17 novembre ‘78, Giovanni Passanante vibrò il pugnale sul Sovrano durante una visita ufficiale alla città. Il Presidente del Consiglio, Benedetto Cairoli, colpito da una coltellata, riuscì ad afferrare l’attentatore, che fu immobilizzato da una guardia municipale e una guardia di pubblica sicurezza della Questura.

 

Per l’attentato del 1897 il Parlamento, pressato dalla stampa, fu chiamato a far luce sull’accaduto iniziando dalle responsabilità del dirigente del servizio. La vicenda  si concluse con l’accertamento di alcune incomprensioni tra le guardie della Questura in borghese, comandate per attorniare la carrozza reale, e i Corazzieri a cavallo della scorta d’onore.

Tratto
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I risultati dell’inchiesta rappresentarono però l’ennesima occasione per i detrattori dell’Amministrazione della P.S. (rappresentati pressoché dall’intera compagine politica, stampa e opinione pubblica) di additare come causa delle pessime condizioni della sicurezza nel Regno la Regia Polizia: la sua organizzazione, i suoi uomini e la loro professionalità. 

 

Ne era stato particolarmente criticato il dipendente Corpo delle Guardie di città, i cui elementi erano tacciati di modi inurbani e inefficaci, la limitata cultura e scarsa disciplina (per scaricare il Notiziario)